La giunta regionale umbra, a guida Lega, ha vietato l'utilizzo della pillola abortiva RU486 in day hospital e con terapia domiciliare. Le donne che vorranno farvi ricorso dovranno essere ricoverate tre giorni: una decisione gravissima, irrazionale e irrispettosa.
Il primo pensiero va alle donne. La decisione di abortire non è mai - e sottolineo MAI - una decisione presa con leggerezza, non è mai indolore. Abortire con ostacoli, poi, diventa una vera a propria tortura.
Se, come afferma la governatrice Tesei, gli ospedali umbri non sono gravati dall'emergenza Covid, allora sarà più semplice dare assistenza domiciliare alle donne che decidono di abortire, evitando inutili degenze che oggi - ne abbiamo prova - rappresentano un rischio concreto.
Ma questa decisione non ha nulla di razionale e non c'entra con la sicurezza delle donne, è l'ennesima picconata alla legge 194 che ha depenalizzato e dato regole all'aborto. Prima del 1978 procurarsi, praticare e istigare all'aborto erano considerati reati puniti con il carcere.
Oggi, a distanza di 42 anni, in Italia abortire è ancora un diritto negato, anche a causa della percentuale di medici antiabortisti presenti negli ospedali pubblici. In Basilicata, Molise e Trentino il 90% di ginecologi nelle strutture pubbliche è obiettore di coscienza.
Pillola abortiva e pillola del giorno dopo (contraccezione d'emergenza) significano civiltà e rispetto per le donne e per il diritto inalienabile a decidere della propria vita. L’accesso deve essere facilitato, non ostacolato: da questo si misura il grado di civiltà di un Paese.